PON Metro, la “spinta gentile[1]” verso l’innovazione

Nel luglio del 2015 la Commissione Europea ha approvato il Programma Nazionale Città Metropolitane (in seguito PON Metro), in un contesto in cui le città metropolitane ancora non erano operative (regolamentate con la Legge Del Rio nel 2014, molte sono state istituite successivamente, Venezia ad agosto 2015, Reggio Calabria a fine 2016), la Strategia del nostro paese per la crescita digitale era tutt’altro che definita (esisteva il solo documento strategico per la crescita digitale 2014-2020), e ancora non erano stati definiti quelli che per la PA sarebbero diventati i pilastri dello sviluppo in ambito digitale: il modello strategico per la trasformazione digitale e il Piano triennale.

In questa realtà in divenire, il PON si è presentato con tutte le fragilità intrinseche a un nuovo strumento, ma, ciò che più conta, con la ferma volontà di rompere con il passato in favore di un cambiamento reale. Sono state così portate avanti scelte innovative e ambiziose che hanno previsto per la prima volta forti deleghe agli enti locali a cui è stato chiesto di mettere al centro dell’azione pubblica il cittadino, fissando, in ambito digitale, pochi obiettivi chiari, semplici e misurabili:

  • incrementare al 70% il numero di Comuni delle città metropolitane che offrono servizi pienamente interattivi e
  • portare ad almeno il 50% la quota di popolazione che usa internet per relazionarsi con la PA.

Per fare ciò, si è adottato un approccio inclusivo e pervasivo, chiedendo alle realtà urbane di ragionare in termini metropolitani, da un lato riducendo la frammentazione delle soluzioni presenti sul territorio, e dall’altro manifestando la volontà di prendere le distanze da logiche settoriali in favore di una visione più condivisa e “servente” della tecnologia.

Fin dall’inizio infatti la trasformazione digitale è stata interpretata come una straordinaria opportunità per mettere a disposizione delle politiche settoriali dei Comuni strumenti e dati facilmente accessibili a supporto della definizioni di policy più efficaci e di decisioni tempestive e per rendere più efficienti i processi, facilitando l’abbattimento dei cosiddetti silos a favore di una condivisione della conoscenza in un’ottica smart.

Come Autorità di Gestione siamo andati avanti con una meta chiara e lo sguardo attento attorno a noi al fine di sostenere i Comuni nelle loro scelte e accompagnarli verso modelli e standard che si andavano definendo, coinvolgendo fin dal principio tutti i protagonisti di questo processo di trasformazione (AgID, Team per la Trasformazione digitale, Consip, ANCI, e quando rilevante le stesse Regioni) e sostenendo appieno le scelte fatte a livello nazionale.

A distanza di tre anni dall’avvio del Programma ci stiamo avvicinando agli obiettivi di cambiamento che ci eravamo prefissati.

Grafico 1 – Stato dell’arte dei progetti previsti a valere sul PON Metro

Grafico 2 – Progetti con Comuni associati a sistemi informativi integrati realizzati, aggiornamento dicembre 2018

E con orgoglio possiamo dire che il successo è collettivo. I Comuni capoluogo, chiamati a svolgere il ruolo inusuale di soggetto aggregatore per l’intera area metropolitana, hanno dimostrando di saper fare scelte forti, definendo strategie chiare e portandole avanti senza esitazioni nonostante gli avvicendamenti politici (dall’inizio del Programma ad oggi si è votato in ben 10 su 14 contesti urbani, con notevoli cambiamenti di orientamento politico in realtà come Torino, Genova, Roma e Messina).

Sono state intraprese azioni innovative volte a rivoluzionare il rapporto con i cittadini attraverso strumenti come Torinofacile o DiMe del Comune di Venezia, realizzati grazie al PON Metro per rafforzare e semplificare il rapporto con il cittadino; per adottare, testandoli per primi, i modelli di sviluppo pensati per il Paese, come nel caso del Comune di Cagliari che per primo, sempre nell’ambito del Programma e con la collaborazione del Team per la Trasformazione digitale, ha realizzato quello che dovrebbe diventare il modello di riferimento per i siti web degli oltre ottomila Comuni italiani (https://medium.com/team-per-la-trasformazione-digitale/modello-standard-sito-web-comuni-design-prototipo-mobile-first-open-source-organizzazione-contenuti-38b330e695a1). E ancora, il Comune di Roma che già agli inizi del 2016 ha aderito alla piattaforma PagoPA, offrendo il servizio di pagamento in un’ottica cloud ad altri Comuni, ad oggi 30, dell’area metropolitana, così come il Comune di Palermo. O il Comune di Milano, che in collaborazione con la Città metropolitana, ha avviato la co-progettazione e condivisione, per ora con oltre 18 Comuni dell’hinterland milanese, della piattaforma dei servizi socio-assistenziali per la parte relativa alla gestione del reddito di inclusione e la trasmissione del debito informativo.

Ma non solo, non si sono fermati qui. I Comuni capoluogo hanno accolto la sfida di guardare oltre i propri confini amministrativi, ragionando in un’ottica di lungo periodo, attuando, con il difficile ruolo di “promotore tra pari”, scelte pragmatiche, e coinvolgendo gli attori territoriali competenti: dalle società ICT in-house regionali come CSI Piemonte, Liguria Digitale, Lepida, di area vasta come Linea Comune o comunali come Venis, Hermes, SISPI, alle in-house settoriali con competenze su specifici ambiti, come l’AMIU che a Bari sta realizzando un progetto  per la riorganizzazione intelligente del sistema di smaltimento dei rifiuti, fino alle aziende municipalizzate che giocano un ruolo fondamentale nella fornitura di servizi ai cittadini. Hanno coinvolto, ragionando per primi su nuovi modelli di gestione dei servizi, le rispettive Città metropolitane – Torino, Milano, Bologna, Cagliari, etc. – e in alcuni casi, hanno avviato, grazie anche al ruolo dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, un confronto con le rispettive Amministrazioni regionali. Confronto che è sfociato nella volontà di alcune Regioni di sostenere la diffusione di quanto sperimentato con il PON su tutto il territorio regionale e/o nella volontà di sfruttare le potenziali sinergie delle azioni a regia regionale con quelle finanziate dal PON Metro.

E, andando ancora oltre, attraverso un’azione bottom-up, stanno stimolando il contesto che li circonda, rafforzando, anche grazie alle occasioni di confronto create dal Programma, la rete di collaborazione tra Comuni capoluogo delle 14 aree metropolitane; proponendo di lavorare, seguendo la roadmap dettata da AgID nel Piano triennale, alla definizione degli ecosistemi che più li vede coinvolti, come l’ecosistema welfare e, chiedendo un accompagnamento concreto su tematiche ambiziose come il tema del riuso del software o della co-progettazione per lo sviluppo di nuove funzionalità di sistemi condivisi.

Considerando quanto possono differire i Comuni italiani e l’elevato numero di soggetti a cui ogni Comune si rivolge, esiste una variabilità rilevante nella quantità e nel tipo di servizi offerti da ogni singola amministrazione; variabilità che ben viene rappresentata nel Programma. In quest’ottica, il PON Metro oltre ad offrire l’opportunità di migliorare la qualità della vita di oltre un terzo della popolazione italiana residente in queste aree, rappresenta uno straordinario laboratorio di innovazione.

Rappresenta l’opportunità di trasformare lo sviluppo urbano in un driver di innovazione attraverso circuiti virtuosi di collaborazione che permettano di testare le soluzioni e i modelli futuri per il paese. Spingendosi ancora oltre, offre l’opportunità di avviare un confronto tra enti su soluzioni condivise, migliorando così la capacità di progettare e/o co-progettare soluzioni di varia complessità e aumentando il potere contrattuale della Pubblica Amministrazione nei confronti dei grandi fornitori.

Per poter fare tutto questo è però necessario creare un’intelligenza di sistema, che riconosca il ruolo dei Comuni come antenne privilegiate per captare le esigenze reali dei cittadini e superi il protagonismo e l’individualismo tipici del nostro paese. Un nuovo approccio che abbandoni logiche concorrenziali, che interpretano l’impianto amministrativo italiano in una logica gerarchico amministrativa, in favore della collaborazione tra livello centrale, livello regionale, e livello comunale, chiamati a contribuire, ognuno per il proprio ruolo, allo sviluppo digitale del Paese.

È necessario pertanto collaborare scegliendo soluzioni scalabili, rafforzando la cooperazione per rendere, ad esempio, le soluzioni finanziate dal Programma  disponibili sul market place della PA e favorendo un’azione di sistema che inizialmente chiuda il gap tra i diversi contesti e in seguito permetta di spingere oltre la frontiera dell’innovazione, rendendo la PA un mercato accattivante e un partner stimolante per le aziende private.

In questo quadro il PON Metro rappresenta l’arena ideale in cui queste spinte, bottom-up e top-down, si incontrano, convergendo nella stessa direzione. Perché l’innovazione si fa insieme.

 

[1] Thaler Richard H., Sunstein Cass R, “Nudge. La spinta gentile”, Feltrinelli, 2009. La “spinta gentile” si pone come obiettivo quello di far migliorare le decisioni degli individui. E’ quella azione secondo la quale le persone dovrebbero essere incoraggiate, attraverso “pungoli”, ad attuare comportamenti che mirano al loro miglior interesse.  Il pungolo è qualsiasi aspetto della presentazione delle scelte che condiziona il comportamento degli individui, senza vietare però alcuna possibilità. Per gli autori, l’azione della amministrazione perciò deve basarsi non tanto sulla coercizione e l’imposizione di vincoli quanto su una spinta gentile.

 

Pubblicato su: Agendadigitale.eu